Se Ha Long bay è stata un'esperienza spettacolare, non so davvero come definire Sa Pa. Immaginate un posto circondato da montagne (la cittadina è a 1650m), risaie a terrazze sui fianchi delle montagne, verde, colori intensi. Oppure provate a fissare intensamente le foto e cercate di sentirvi lì...no, anche così non funziona, perché ciò che rende così speciale quel posto non è solo l'ameno paesaggio, ma soprattutto la gente.
Le persone cosiddette "locali", che vivono in "villaggi" (capanne) sui monti e che ogni giorno scendono in città, percorrendo 2-3h a piedi, su ripidi sentieri fangosi (ma talvolta poi per tornare a casa approfittano di un passaggio in motorino) per vendere i loro prodotti, frutta, tabacco, vestiti e borse tessuti e ricamati a mano.
E per l'altra grande forma di profitto sviluppatasi negli ultimi anni: il turismo.
Questa gente offre infatti ospitalità nelle loro case e trekking sulle montagne con viste mozzafiato, in cambio di pochi dollari. Ed è un'esperienza davvero da non perdere per niente al mondo.
Appartengono a minoranze etniche, diverse nei differenti villaggi che circondano la cittadina di SaPa. Ognuna con le proprie tradizioni, religioni, usanze e vestiti tradizionali.
Uno spettacolo di colori e di spunti di riflessione interessanti.
Sarà un post molto lungo, per poter raccontare quanto possibile.
Siamo arrivati a Sa Pa la mattina, con quel terribile bus.
Appena scesi, siamo stati immediatamente circondati da questi locali che cercavano di venderci prodotti e di accaparrarsi i turisti. Insieme a loro, anche uno stuolo di gestori di hotel che ci proponevano le loro stanze.
Io e i tre ragazzi irlandesi (due irlandesi e un inglese, per la precisione. Ma l'inglese non si offende se lo chiami irlandese, fare il contrario è invece un problema. Quindi assimiliamo tutti a irlandesi) optiamo per una stanza di hotel, almeno per la prima notte: abbiamo bisogno dei comforts minimi, cioè una doccia e un letto.
Lasciati gli zaini in hotel, cerchiamo un posto per la colazione...è difficile spiegare che non vogliamo noodles alle 9 di mattina! Ma alla fine otteniamo un'ottima "English breakfast": omelette, pane e pomodori. E caffè, certamente.
Soddisfatti, ci dirigiamo in centro; è domenica, giorno di mercato! Nonostante l'incessante pioggia, lungo le strade centinaia di banchetti improvvisati espongono frutta, verdura, "sculture" fabbricate con steli d'erba, strumenti musicali tradizionali, oltre che ovviamente borse, cappelli, sciarpe...
Il centro non è molto grande, ma guardare ogni banchetto e visitare i negozi richiede molto tempo!
Continua a piovere inesorabilmente, così, dopo una doccia e un cambio vestiti (per recuperare un po' di calore e asciugarci) decidiamo che il tempo non migliorerà e quindi è inutile aspettare: prendiamo una motorbike e, sotto la pioggia, coperti come meglio riusciamo, ci avviamo verso le montagne e verso Lai Chau, dove c'è un parco naturale e molte cascate. Purtroppo le nuvole basse ci coprono il panorama e riusciamo a vedere solo alcune risaie, le più vicine. Ma il viaggio merita davvero, le cascate sono spettacolari e poco importa se torniamo in hotel bagnati come se avessimo appena fatto un tuffo in piscina!
Il giorno seguente ci accordiamo con la "locale" con cui avevo chiacchierato tutto il giorno prima, la quale ci fa strada insieme ad altre donne (tutte vestite con vesti tradizionali, che-ci spiegherà poi-fabbricano loro stesse e le colorano con l'indaco, ottenuto da piante che ci mostra lungo la strada. Ed infine, ricamano le decorazioni, sempre tutto a mano, chiaramente).
Percorriamo le tre ore che ci separano dal villaggio, su sentieri ripidi e fangosi, con una terra di un colore rosso intenso.
Ma Tzë (questo è il suo nome) ci svela che questa strada pittoresca la fa solo per noi, che ora ci sono altre strade più dirette per raggiungere la casa. Noi, comunque, apprezziamo davvero la camminata, faticosa, ma ne vale decisamente la pena.
Arriviamo così nel primo pomeriggio a casa: una capanna, molto bella rispetto a tante altre, immersa nel nulla, nel granoturco e nella nebbia. Di fronte alla casa, una piccola costruzione in legno in cui sono tenuti dei maiali, con i loro cuccioli...ancora non so che mi terranno sveglia tutta la notte con i loro grugniti assordanti.
Libere di muoversi, invece, delle oche scorrazzano tutto intorno. Gli altri animali della casa sono i cani e il loro dolcissimo cucciolo, e un uccellino in gabbia: ogni famiglia ha almeno un uccellino in gabbia, a cui insegna a fischiare nel modo più delizioso possibile, perché ogni anno si tiene poi una grande competizione per stabilire quale sia il cinguettio più bello.
In giro per la casa, infine, moltissimi bambini. Con dei grandi occhioni da cui traspare curiosità per noi inquilini occidentali, anche se non siamo certo i primi. E il giorno seguente, presa un po' di confidenza, il ragazzino più grande ci mitraglia di foto con il suo cellulare...che strano essere infine noi i soggetti delle loro foto!!
Ci viene preparato un pranzo cerimoniale, imbandita la-bassa-tavola con cibi deliziosi, inesorabilmente a base di riso.
Il pasto vietnamita si articola più o meno come segue: una ciotola di riso bollito e appiccicoso (si devono riuscire ad ottenere dei blocchetti di riso attaccato per riuscire a mangiarlo con i bastoncini!! nulla è casuale) che funge da "pane". In tavola ci sono poi svariate cose, per lo più verdura (la carne costa molto di più a dei contadini!), come fagiolini cotti con pomodori, fagioli lessi, bamboo.
Il bamboo viene usato davvero per tutto: la parte esterna, rigida, come palo della luce, sostegno del tetto, bastone per camminare, pipa ad acqua (vedi foto),
tubo per convogliare l'acqua del fiume...è rigido, è cavo e ce n'è in abbondanza ovunque (alberi di bamboo di anche 10 metri d'altezza), quindi è il materiale da costruzione più utilizzato.
Tagliato a listarelle, sempre più fini, va poi a formare dei fili che serviranno per confezionare i vestiti. È comune vedere bambine e donne anziane intente ad ottenere questi fili. La parte interna del bamboo invece viene cotta e si mangia. Oppure viene sgranocchiata cruda dai bambini, che portano i bufali d'acqua a brucare, facendo attenzione a non farli avvicinare alle risaie. Infine, rami di bamboo servono certo anche come cibo per i maiali!
Ma torniamo brevemente al cibo: l'altra caratteristica è che non bevono acqua. Durante i pasti si beve l'acqua di cottura del riso e degli altri alimenti insieme al riso, ai noodles e al cibo, in una specie di zuppa. Quello che invece si beve a parte è l'happy water: una specie grappa di riso, bevuta però come accompagnamento del pasto. Il nome parla da sé.
La sera la passiamo nella capanna dei vicini, dove c'è il compleanno di un ragazzo. Il che richiede una cerimonia particolare, fatta dalla nonna, suonando un tamburo a ritmo di una cantilena, tutto intorno alla casa. È un'esperienza che davvero non si può spiegare a parole. In nessun modo si può esprimere l'atmosfera surreale che abbiamo respirato. Poi, un'altra cena abbondante, copia del pranzo. E passiamo la sera in compagnia, tutti intorno a questo basso tavolo sulle nostre basse panche, bevendo happy water e intavolando conversazioni in un traballante inglese. Che popolo magnifico.
La notte stiamo in un letto (una fortuna averne uno!), ovviamente di bamboo, senza un materasso ma comunque morbido in un certo qual modo. Peccato che quei maiali non la smettano di far rumore tutta la notte...
I padroni di casa comunque si svegliano verso le 5 e non si fanno certo problemi ad urlare e cantare. Noi restiamo a letto fino alle otto, nonostante tutto. Ci preparano una colazione (copia identica del pranzo e della cena, con fagiolini al posto del bamboo) e poi è ora dei saluti, con annessa foto ricordo.
Ritorniamo poi verso Sa Pa, percorrendo un'altra strada e passando per diversi villaggi, cascate, viste bellissime, ponticelli a pagamento e ponticelli traballanti su fiumi in piena (ma sicurissimi!).
Dopo altre tre ore di cammino, su e giù per le montagne, siamo ormai esausti. E per fortuna arriviamo al punto dove ci verranno a prendere in motorbike per riportarci in città, che dista ancora una mezzoretta in moto. Un'esperienza unica, probabilmente la più viva e sentita che abbia mai avuto occasione di sperimentare.
La sera, bus per Lao Cai, direzione Nord Est.
Arrivata in questa cittadina, mi aspetto di essere di nuovo assalita dai gestori di hotel...e invece nessuno mi accoglie. Così, cerco di farmi capire e trovare il centro città...sembra molto difficile, ci ho quasi rinunciato, quando arriva un inglese, tour operator a Sa Pa, mi racconta, il quale mi dirige verso un hotel di suoi conoscenti ed ottengo così una stanza a prezzo contenuto. Niente di lussuoso, ma va più che bene. Ho anche il ventilatore...così posso asciugare i vestiti che laverò!
E domani, mi sono informata, il bus per Bac Ha parte alle 6 del mattino. Ma domani è martedì e a Bac Ha l'unica cosa interessante è il mercato, che si tiene la domenica...deciderò domattina il da farsi, la notte porterà consiglio!
Qualche altra foto di Sa Pa...